Il mago revisiona la squadra: subito due arrivi

La serie di Santarini

Gli uomini nuovi sono Bet e Santarini,entrambi provenienti dall'Inter. II secondo, libero modernissimo, sarà il successore di Losi e collezionerà 344 presenze in giallorosso

Ma quale potenza ancora conteneva, la scarica magìa di Herrera? Nessuno indugiò a riflettere sulle ultime vicende, non solo calcistiche, del mago. A considerare le sue fatiche, le sue nuove passioni, le assuefazioni. Illogoramento, il declino. Se facciamo un balzo in avani_\vediamo che Herrera è restato alla guida della Roma cinque anni, con una breve supplenza di Tessari nel '71 e fino alla sostituzione con Antonio Trebiciani nel '73. I piazzamenti ottenuti dalla Roma sono stati: 8°,11°,6°,7°, 11°. Non c'era certo da festeggiare a champagne. Alla fine dell'esperienza herreriana, dunque, il mistero della Roma moderna non era stato ancora penetrato. La tradizione di Testaccio sembrava pesare, opprimere fino al soffocamento: come se quei valori antichi fossero sepolti per sempre. Non ci voleva un mago, per riscoprirli, ma un saggio: sarebbe stato Nils Liedholm, introdotto da Manlio Scopigno. Dopo l'epoca dei maghi sarebbe tornato il tempo dell'illuminismo, maestosmente governato da Dino Viola. Rerrera impose ovviamente una profonda revisione tecnica. Alcuni reparti furono totalmente rinnovati, come quello difensivo, che venne affidato a due robusti giovanotti: Aldo Bet razza Piave, diciannove anni appena compiuti, un taciturno senza fronzoli, e Sergio Santarini, un riminese furbo e sincero. Provenivano entrambi dall'Inter, H.H. dunque li conosceva bene, sapeva di non sbagliare. Abbiamo incontrato Santarini, lungo il percorso di questo racconto: fermiamoci un attimo per rendergli il dovuto omaggio. Se Giacomo Losi è stato il più fedele romanista di sempre, con 386 presenze, Sergio Santarini è stato il suo degno erede, con 344 maglie giallorosse. Insieme hanno giocato un sola stagione, quel 68/69 pieno di novità, giusto il tempo per passare il testimone. Giacomo Losi chiudeva le sua fertilissima stagione romana durata quindici anni, Sergio Santarini apriva la sua strepitosa serie di tredici campionati. E' stato sempre piuttosto riservato, Sergio, anche se il suo era un carattere aperto, libero. Raramente lasciava trasparire la fragranza della sua terra, o aveva impetuosi slanci o si abbandonava a fantasie. I suoi atteggiamenti, anche privati, erano di una compostezza esemplare: temeva di strafare, tutto qui. Era molto dotato tecnicamente, senza avere le stimmate del fuoriclasse. Offrì un'interpretazione moderna del ruolo di libero, con ampia partecipazione al gioco. Ha viaggiato, con un chiaro senso aristocratico, su una regolarità di rendimento stupefacente: sempre uguale, a livelli di ampia sufficienza. Su 344 partite, ne ha sbagliate tante quante si possono contare con una sola mano. Dava un riposante senso di affidabilità: per questo, senza mai concedere troppe confidenze, Sergio èstato l'amico fedele di tutti i romanisti di un'intera generazione. Per la chiarezza di questo ragazzo e di questo atleta, Giacomo Losi non ha sofferto la sua partenza dalla Roma, la fine del sogno, il tramonto dell'età dell'oro della sua vita. Giacomino disputò solo otto partite, quella stagione: ma Rerrera ebbe, una volta tanto, l'attenzione necessaria per tributargli i giusti onori, annunciando l'arrivo del suo successore. Bet tendeva invece ad una riservatezza ostinata: sembrava portarsi dietro qualcosa di inespresso. Faticò a conquistare il posto in squadra, ebbe via libera solo dopo un serio infortunio capitato a Cappelli, lo stopper titolare. Erano, Bet e Santarini, inseparabili nel mestiere e nella vita, se non altro perchè erano cognati. Ma era soprattutto la devota concezione del mestiere, che li univa: e che aveva domato perfino le insofferenze di Herrera.

Quella foto con Pelè

Il ricordo più geloso di Sergio Santarini, non riguarda però un momento dei suoi tredici anni giallorossi. E' racchiuso in una foto che lo ritrae con Pelè, un giorno a Riccione. Sergio giocava nel Rimini e aveva già esordito nella Nazionale Iuniores. Venne organizzato, a Riccione, un torneo a carattere internazionale con la partecipazione del Santos, a spasso per l'Europa. Era una ininterrotta passerella dedicata al divino Pelè, adeguatamente compensata dalle ondate di entusiasmo popolare e dal costo dei biglietti. Tra le squadre italiane c'era il Venezia, che venne a trovarsi, per una improvvisa indisposizione, senza lo stopper titolare. II Rimini offrì il prestito del suo gioiello, quel Santarini che già era nel giro delle maglie Azzurre. Santarini giocò contro Pelè, con rispetto ma senza soggezione, e fece un figurone. Ebbe i complimenti del fuoriclasse, e richiamò l'interessata attenzione di alcuni osservatori dell'Inter, che lo segnalarono a Herrera. II mago si degnò di andarlo un giorno a vedere, e Santarini fu nerazzurro. Trasferitosi H.H. a Roma, armi e bagagli, Santarini fu giallorosso.

Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport

 

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